
Balliamo? Porti tu o porto io?
Un esercizio per imparare a danzare con chi ritrai
“A portrait is not made in the camera but on either side of it.”
— Edward Steichen
Quando parliamo di ritratto, troppo spesso pensiamo solo al lato tecnico: luce, inquadratura, messa a fuoco.
Ma il ritratto è, prima di tutto, un incontro. E come ogni incontro, è un gioco a due.
Proprio come in una danza, serve ascolto, ritmo condiviso, attenzione ai passi dell’altro.
Quello che ti propongo oggi non è un esercizio tecnico, ma un esercizio relazionale.
Una specie di laboratorio di empatia visiva, per allenarti a sentire prima ancora di scattare.
L’esercizio
Il titolo è volutamente evocativo: Balliamo? Porti tu o porto io?
Come nella danza, anche nel ritratto si gioca sul delicato equilibrio tra guida e abbandono, direzione e ascolto.
Questo esercizio ti invita a esplorare proprio quel confine.
Di cosa hai bisogno:
Un’altra persona con cui fare coppia (meglio se anche lei fotografa, ma non è obbligatorio)
Una fotocamera con lunghezza focale tra i 35mm e i 50mm
Un luogo con qualche possibilità narrativa e di luce, ma non dev’essere perfetto
Come funziona:
Tempo totale: 1 ora (30 minuti a testa)
Per ogni fotografo:
20 minuti senza macchina fotografica, solo per incontrare il soggetto
10 minuti per scattare solo 3 ritratti a mezzo busto
I 20 minuti senza fotocamera
Sono il cuore dell’esercizio. Non si fotografa: si parla, si ascolta, si osserva.
Bevete qualcosa assieme, chiacchierate. Cercate davvero di entrare in contatto.
Che emozione sta vivendo in questo momento il vostro soggetto?
Come si sente oggi?
Cosa potrebbe emergere dal vostro dialogo?
Non è tempo perso: è costruzione. È preparazione emotiva e relazionale.
È il terreno fertile da cui far nascere qualcosa di autentico.
I 10 minuti con la fotocamera
Ora si scatta. Ma attenzione: l’obiettivo non è realizzare “la foto perfetta”, bensì trovare una forma visiva del vostro incontro.
Tre soli scatti. Non tre pose. Tre ritratti che parlino davvero di quella persona e di quel momento.
Chiediti:
Cosa ho capito di lei/lui?
Che tipo di relazione si è creata tra noi?
Cosa voglio raccontare in questa immagine?
Dopo lo scatto: confronto e conversazione
Una volta conclusi entrambi i turni, prendetevi il tempo per riguardare insieme le immagini.
Non con l’obiettivo di giudicare tecnicamente, ma per ascoltare cosa raccontano.
Questo momento è tanto importante quanto la fase dello scatto.
Osservate i tre ritratti prodotti da ciascuno. E poi iniziate a parlare.
Come ti sei sentito davanti all’obiettivo?
Cosa sentivi in ciascuna delle foto?
Ti sembra che il tuo stato d’animo sia stato colto?
Chi ti sembra stia conducendo la danza in quello scatto: chi fotografa o chi è fotografato?
Cosa hai scoperto dell’altro attraverso l’obiettivo?
Questo dialogo ha un valore enorme, perché ti aiuta a capire se quello che hai percepito durante l’incontro si è davvero tradotto in immagine.
E allo stesso tempo ti educa a ricevere uno sguardo su di te, che non sempre corrisponde all’idea che hai di te stesso.
Un esercizio semplice, una lezione profonda
Alla fine, questo esercizio non insegna solo a fotografare meglio: insegna a stare con l’altro.
A portare e a lasciarsi portare. A costruire un’immagine non sul soggetto, ma insieme al soggetto.
Una lezione che, se imparata bene, ti accompagnerà in ogni ritratto futuro.