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Esercizio #5 – Sul ritratto: empatia prima dello scatto

Balliamo? Porti tu o porto io?

Un esercizio per imparare a danzare con chi ritrai

“A portrait is not made in the camera but on either side of it.”
— Edward Steichen

Quando parliamo di ritratto, troppo spesso pensiamo solo al lato tecnico: luce, inquadratura, messa a fuoco.
Ma il ritratto è, prima di tutto, un incontro. E come ogni incontro, è un gioco a due.
Proprio come in una danza, serve ascolto, ritmo condiviso, attenzione ai passi dell’altro.

Quello che ti propongo oggi non è un esercizio tecnico, ma un esercizio relazionale.
Una specie di laboratorio di empatia visiva, per allenarti a sentire prima ancora di scattare.

L’esercizio

Il titolo è volutamente evocativo: Balliamo? Porti tu o porto io?
Come nella danza, anche nel ritratto si gioca sul delicato equilibrio tra guida e abbandono, direzione e ascolto.
Questo esercizio ti invita a esplorare proprio quel confine.

Di cosa hai bisogno:

  • Un’altra persona con cui fare coppia (meglio se anche lei fotografa, ma non è obbligatorio)

  • Una fotocamera con lunghezza focale tra i 35mm e i 50mm

  • Un luogo con qualche possibilità narrativa e di luce, ma non dev’essere perfetto

Come funziona:

Tempo totale: 1 ora (30 minuti a testa)
Per ogni fotografo:

  • 20 minuti senza macchina fotografica, solo per incontrare il soggetto

  • 10 minuti per scattare solo 3 ritratti a mezzo busto

I 20 minuti senza fotocamera

Sono il cuore dell’esercizio. Non si fotografa: si parla, si ascolta, si osserva.
Bevete qualcosa assieme, chiacchierate. Cercate davvero di entrare in contatto.

  • Che emozione sta vivendo in questo momento il vostro soggetto?

  • Come si sente oggi?

  • Cosa potrebbe emergere dal vostro dialogo?

Non è tempo perso: è costruzione. È preparazione emotiva e relazionale.
È il terreno fertile da cui far nascere qualcosa di autentico.

I 10 minuti con la fotocamera

Ora si scatta. Ma attenzione: l’obiettivo non è realizzare “la foto perfetta”, bensì trovare una forma visiva del vostro incontro.
Tre soli scatti. Non tre pose. Tre ritratti che parlino davvero di quella persona e di quel momento.

Chiediti:

  • Cosa ho capito di lei/lui?

  • Che tipo di relazione si è creata tra noi?

  • Cosa voglio raccontare in questa immagine?

Dopo lo scatto: confronto e conversazione

Una volta conclusi entrambi i turni, prendetevi il tempo per riguardare insieme le immagini.
Non con l’obiettivo di giudicare tecnicamente, ma per ascoltare cosa raccontano.
Questo momento è tanto importante quanto la fase dello scatto.

Osservate i tre ritratti prodotti da ciascuno. E poi iniziate a parlare.

  • Come ti sei sentito davanti all’obiettivo?

  • Cosa sentivi in ciascuna delle foto?

  • Ti sembra che il tuo stato d’animo sia stato colto?

  • Chi ti sembra stia conducendo la danza in quello scatto: chi fotografa o chi è fotografato?

  • Cosa hai scoperto dell’altro attraverso l’obiettivo?

Questo dialogo ha un valore enorme, perché ti aiuta a capire se quello che hai percepito durante l’incontro si è davvero tradotto in immagine.
E allo stesso tempo ti educa a ricevere uno sguardo su di te, che non sempre corrisponde all’idea che hai di te stesso.

Un esercizio semplice, una lezione profonda

Alla fine, questo esercizio non insegna solo a fotografare meglio: insegna a stare con l’altro.
A portare e a lasciarsi portare. A costruire un’immagine non sul soggetto, ma insieme al soggetto.
Una lezione che, se imparata bene, ti accompagnerà in ogni ritratto futuro.

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