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Ai margini dell’inquadratura: come evitare gli errori invisibili nelle tue foto

Ai margini dell’inquadratura: dove nascono i peggiori errori fotografici

Premessa: Questo articolo è tratto dal mio libro Oltre le Regole, dal capitolo “Ai margini dell’inquadratura succedono le peggiori nefandezze”, dove affronto un aspetto cruciale della fotografia: l’attenzione selettiva che ci porta a trascurare i bordi dell’immagine e ad alimentare la temibile illusione dello scatto perfetto.

Quante volte vi è capitato di tornare a casa dopo una giornata di scatti, aprire le vostre foto sul monitor e… scoprire intrusioni fastidiose ai bordi dell’inquadratura? Cavi della luce, cartelli stradali, passanti sfocati o dettagli casuali che, sul momento, non avevate nemmeno notato? Non siete soli: è un fenomeno molto più comune di quanto sembri.

L’intento e il pericolo dei margini

Quando fotografiamo, la mente è completamente assorbita dal nostro intento – il soggetto e l’emozione che vogliamo trasmettere – e in questa concentrazione finiamo per trascurare ciò che accade ai margini dell’immagine.
Eppure, proprio quei dettagli “periferici” hanno il potere di rovinare uno scatto: ciò che l’occhio, immerso nell’emozione, ignora, l’obiettivo registra con precisione implacabile, e la bidimensionalità della fotografia li rende visibili e invadenti.

L’illusione dello scatto perfetto

Questo autoinganno è ciò che chiamo illusione dello scatto perfetto.
Nel momento dello scatto, l’entusiasmo ci convince che l’immagine sia impeccabile: vediamo solo il nostro intento, non i margini che lo minano. Spesso l’illusione persiste persino nella prima revisione: l’occhio, ancora “contaminato” dall’emozione, non nota gli elementi di disturbo.

Come difendersi: la disciplina del distacco

Il primo passo è imparare a osservare attivamente i margini dell’inquadratura. Non basta guardare il soggetto: serve educare lo sguardo a “patrol the frame”, come dicono gli anglosassoni, ovvero a controllare sistematicamente ciò che accade ai bordi.
Il secondo passo è il distacco emotivo: solo una visione lucida ci permette di individuare e rimuovere gli elementi che indeboliscono la forza visiva della foto.

Anche la grande poesia ce lo insegna: William Wordsworth affermava che le emozioni più profonde trovano la loro forma solo quando vengono “ricomposte nella tranquillità”. Lo stesso vale per la fotografia: l’immagine potente nasce dall’equilibrio tra impulso e consapevolezza.

L’arte dell’esclusione

Come ricorda David DuChemin:

“Exclusion is a powerful tool for increasing the impact of your images.”
(L’esclusione è un potente strumento per aumentare l’impatto delle vostre immagini.)

Imparare a escludere significa anche imparare a guardare ai margini dell’inquadratura, togliendo ciò che distrae e restituendo centralità al nostro intento fotografico.

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