
Forma e contenuto: una questione di sostanza
Un mio studente, qualche tempo fa, mi ha chiesto:
"Ma perché tu parli di queste cose in modo così approfondito e nessun altro che insegna fotografia lo fa?"
La risposta è semplice, anche se può sembrare un po’ presuntuosa: vengo da un percorso di studi diverso. Sono un filologo, linguista e semiologo. Ho un Master in Letteratura preso negli Stati Uniti, e ho fatto ricerca personale in questo campo per anni. Questo background mi ha permesso di attraversare il linguaggio visivo con gli strumenti della teoria del linguaggio, della narratologia e dell’analisi testuale, costruendo negli ultimi dieci anni un ponte tra questi ambiti e il pensiero fotografico.
Forma e contenuto: non due entità distinte, ma due facce della stessa intenzione
Nella fotografia — come in ogni forma di comunicazione — la forma non è un contenitore neutro del contenuto. È parte del contenuto stesso.
Non scelgo la composizione, la luce, il tempo di scatto, la distanza, il trattamento dei colori solo per "bellezza": li scelgo (spesso in modo istintivo, ma mai casuale) perché sono funzionali a ciò che sento e che voglio comunicare.
Spesso questo istinto non è del tutto conscio: deriva da anni di cultura visiva, di lettura guidata delle immagini, di studio della semiotica e della narratologia, e anche dall’analisi di testi non fotografici. Tutto questo plasma la nostra sensibilità formale, e ci guida — anche quando non ce ne accorgiamo — nelle scelte più sottili.

@Sebastiao Salgado 1991
Una provocazione: e se Dante avesse scritto male?
Per spiegare quanto la forma sia sostanza, faccio un piccolo paradosso letterario.
Se Dante avesse iniziato la Divina Commedia con:
“Quando ero giunto circa a 35 anni, mi ritrovai in un bosco scuro, poiché il sentiero giusto era stato perduto.”
...probabilmente non staremmo ancora leggendo quel testo oggi.
L’efficacia di un’opera non sta solo nelle idee che esprime, ma nel modo in cui le esprime.
"Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.”
Questa è poesia, ritmo, evocazione, densità simbolica. È forma che è contenuto.
Perché nessuno ne parla (o quasi)?
Molti fotografi, anche bravissimi, insegnano a partire da un approccio più “classico”, tradizionalista, più tecnico o visivo, spesso trascurando gli strumenti della lettura critica e delle scienze del linguaggio.
In parte perché non hanno avuto occasione di formarli, in parte perché la fotografia è ancora spesso insegnata come gesto tecnico o estetico, più che come linguaggio complesso.
Ma chiunque voglia crescere davvero in questo campo — e uscire dalla fotografia come decorazione o documento — deve prima o poi affrontare il tema di come si costruisce il significato. E lì, la forma non è un ornamento. È la chiave stessa del senso.
"Fotografare è riconoscere nello stesso istante e in una frazione di secondo un evento e il rigoroso assetto delle forme percepite con lo sguardo che esprimono e significano tale evento. È porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore."
— Henri Cartier-Bresson