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Il mistero dell’incastro perfetto: Cartier-Bresson e la visione in una frazione di secondo

Da una domanda a una verità sullo sguardo fotografico

Questo articolo nasce da una domanda che mi è stata rivolta nei commenti a un mio post su Facebook, a proposito dell’analisi che ho fatto della celebre fotografia di Sebastião Salgado in Kuwait.
Una lettrice mi ha scritto — con stupore sincero — qualcosa che suonava così:

“Ma davvero Salgado ha visto tutte queste cose? Possibile che in uno scatto ci siano così tanti livelli e significati, pensati in quel momento?”

È una domanda più che legittima. Perché leggendo certe immagini viene spontaneo pensare che ci sia qualcosa di troppo perfetto, quasi “troppo bello per essere vero”.
E invece è proprio lì che si nasconde il cuore del mestiere del fotografo.

Il momento decisivo non è magia

Chi osserva le fotografie dei grandi autori — da Henri Cartier-Bresson a Josef Koudelka, da Sergio Larrain a Alex Webb — si sarà trovato almeno una volta davanti a un’immagine in cui tutto sembra incastrarsi con una perfezione quasi surreale. Linee, volumi, gesti, espressioni, simboli: tutto è lì, in perfetto equilibrio, come se qualcuno avesse avuto ore per comporre la scena. Ma quella fotografia è stata scattata in un istante. Come è possibile?

Ed è qui che le parole di Henri Cartier-Bresson diventano fondamentali per capire. Nella prefazione al suo libro Images à la sauvette (1952), scrive due frasi che possono — da sole — spiegare l’intero mistero.

«Photographier, c’est mettre sur la même ligne de mire la tête, l’œil et le cœur.»
(Fotografare è mettere sulla stessa linea di mira la testa, l’occhio e il cuore.)

«Photographier : c’est dans un même instant et en une fraction de seconde reconnaître un fait et l’organisation rigoureuse de formes perçues visuellement qui expriment et signifient ce fait.»
(Fotografare significa, nello stesso istante e in una frazione di secondo, riconoscere un fatto e la rigorosa organizzazione delle forme percepite con lo sguardo che esprimono e significano quel fatto.)

Queste parole ci dicono una cosa molto chiara: non si tratta solo di vedere, ma di riconoscere. E di riconoscere non solo l'evento, il fatto, ma anche l'organizzazione delle forme percepite che alla fine danno un significato a ciò che vediamo e che vogliamo raccontare.
E questo riconoscimento avviene in una frazione di secondo, non in modo razionale, ma con una lucidità che unisce mente, occhio e cuore.
Non è calcolo, né pura fortuna. È un modo di vivere lo sguardo, uno sguardo che ha allenato nel tempo la propria capacità di leggere il mondo visivamente, fino a farlo diventare istinto consapevole.

Ecco allora che quei “miracoli compositivi” non sono il frutto del caso, ma della visione del fotografo.
Una visione che riconosce e ordina il caos del reale in un gesto unico e rapido. E chi non ha questo sguardo — questo allenamento, questa sensibilità, questa lucidità — non vedrà mai ciò che c’è, anche se è davanti a lui.

Questa è, in fondo, l’essenza del momento decisivo.
Non un concetto magico o vago, ma la capacità — affinata con anni di pratica e consapevolezza — di cogliere in un attimo un fatto e la sua forma visiva più eloquente.
Un attimo in cui mente, occhio e cuore vanno insieme.

Per approfondire: imparare a leggere la fotografia

Chi si avvicina alla fotografia spesso resta incredulo davanti a certe immagini dei grandi autori.
Si chiede come sia possibile costruire composizioni così potenti, come si possano cogliere coincidenze visive tanto significative. E allora prova a razionalizzare, a cercare formule, regole o strategie per ottenere immagini “d’impatto”.
Ma il punto è proprio questo: non è questione di formula, ma di visione allenata.

Spesso è proprio l’incredulità a impedire la comprensione: si pensa che certi risultati siano casuali, o frutto di un istinto impenetrabile. In realtà, quello che manca è un nutrimento visivo adeguato e consapevole.
Per arrivare a “mettere in linea testa, occhio e cuore” — come scrive Cartier-Bresson — serve allenare lo sguardo, nutrirlo in modo intelligente, attraverso l’analisi, la lettura, lo studio delle immagini.

È proprio questo lo scopo dei tre articoli che ho dedicato alla lettura visiva di fotografie celebri:

Non si tratta solo di spiegare “cosa c’è nella foto”, ma di offrire strumenti di lettura e interpretazione visiva che aiutano a nutrire la propria sensibilità.
Solo così si può sviluppare quella capacità che permette, in una frazione di secondo, di riconoscere il senso delle cose e tradurlo in immagine.

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